lunedì 9 marzo 2015

Favole di Esopo 1

   

Esopo 1/2

Favole educative - Favole con morale


FAVOLA IL MARITO E LA MOGLIE BISBETICA

 Un tale aveva una moglie bisbetica all’eccesso con tutti quelli di casa. Gli venne voglia di sapere se essa si comportava così anche nella famiglia del proprio padre, e trovò un pretesto plausibile per mandarla da lui. Al suo ritorno, dopo pochi giorni, le chiese come l’avevano accolta quelli di casa sua. “C’erano i bovari e i pecorai”, rispose lei, “che non mi potevano vedere”. E il marito, allora: “O moglie mia, se sei riuscita a farti odiare da quelli che escono all’alba per portar fuori il bestiame e non rientrano che la sera, che cosa mai ci si può aspettare da quelli con cui passavi l’intera giornata?”.

   Così spesso dalle cose piccole si argomentano le grandi, dalle cose manifeste si arguiscono quelle celate.


FAVOLA DELL’IMBROGLIONE

Un imbroglione s’era impegnato con un tale a dimostrare che l’oracolo di Delfi mentiva. Nel giorno stabilito, prese in mano un passerotto e, copertolo col mantello, andò al tempio, si fermò in faccia all’oracolo, e gli chiese se quel che teneva tra le mani respirava o no. Se gli fosse stato risposto di no, egli intendeva mostrare il passero vivo: se invece gli fosse stato detto che respirava, l’avrebbe strozzato prima di tirarlo fuori. Ma il dio, comprendendo il suo malizioso proposito, rispose: “Smettila, uomo, perché sta in te far sì che ciò che hai in mano vivo oppure morto”.

La favola insegna che la divinità non può esser colta in fallo.



FAVOLA L’ASINO E LE RANOCCHIE

Un asino, con un carico di legna sul dorso, traversava un acquitrino. Scivolò, cadde, e, non riuscendo a tirarsi mise a piangere e a lamentarsi. Quando le ranocchie del luogo udirono i suoi lamenti, gli dissero: “Caro mio, tu piagnucoli tanto per esser caduto qui pochi minuti: che cosa avresti mai fatto se ci fossi rimasto tanto tempo come noi? “.

   Di questa favola potrebbe servirsi uno che affronta coraggiosamente i mali più gravi, per rivolgersi a un debole che mal sopporta le più lievi fatiche.



FAVOLA IL NAUFRAGO

Un ricco Ateniese compiva, insieme con altri passeggeri, un viaggio per mare. Si levò una gran tempesta e la nave si capovolse. Mentre tutti gli altri nuotavano, l’Ateniese continuava ad invocare Atena, facendole un monte di promesse, se mai riuscisse a salvarsi. Allora uno dei naufraghi, che stava nuotando lì accanto, gli disse: “Intanto che chiami Atena, muovi un po’ le braccia anche tu! “.

   Noi pure, dunque, oltre a pregar gli dèi, dobbiamo provvedere personalmente ai fatti nostri. E’ preferibile guadagnarsi il favore del cielo coi propri sforzi, anziché esser salvati dalla divinità mentre noi trascuriamo i nostri stessi interessi. Quando capita una disgrazia, bisogna aiutarci con tutte le nostre forze e, così facendo, invocare anche l’ aiuto di Dio.


FAVOLA IL CIECO

Un uomo cieco si era abituato a distinguere al tatto qualsiasi animale gli mettessero tra le mani. Una volta diedero un lupacchiotto. Egli lo palpò, rimase incerto, e poi disse: “Io non so se sia figlio di lupo, o di volpe, o di altro animale del genere; quel che so bene, è che non è bestia da mandare insieme con un gregge di pecore”.

   Con l’animo dei malvagi spesso traspare persino dal loro aspetto fisico.




FAVOLA LE RANE CHE CHIESERO UN RE

Le ranocchie, stanche di vivere senza alcuno che le governasse, mandarono ambasciatori a Zeus, pregandolo di largire loro un re. E Zeus, vedendo la semplicità dell’animo loro, buttò giù nello stagno un pezzo di legno. A tutta prima, atterrite dal tonfo, le ranocchie si tuffarono nel fondo; ma poi, dato che il legno rimaneva immobile, risalirono a galla, e giunsero a tal punto di disprezzo per il loro re che gli saltarono addosso e vi si accomodarono sopra. Infine, vergognandosi d’avere un sovrano di tal fatta, andarono nuovamente da Zeus, e lo pregarono di mandarne loro un altro in cambio, perché il primo era troppo indolente. Allora Zeus perdette la pazienza, e mandò una biscia d’acqua, che cominciò ad afferrarle e a divorarsele.

   La favola mostra che è meglio avere governanti infingardi ma non cattivi, piuttosto che turbolenti e malvagi.




FAVOLA L’ASINO E IL CANE CHE VIAGGIAVANO INSIEME

  Un asino e un cane che facevano strada insieme, trovarono per terra una lettera chiusa. L’asino la raccolse, spezzò i suggelli, l’aperse e si mise a leggerla al cane che ascoltava. Nella lettera si parlava di roba da mangiare, voglio dire di fieno, di orzo, di paglia. Mentre l’asino leggeva tutte quelle cose, il cane se ne stava lì annoiato , e poi gli disse: “Guarda un po’ più avanti, caro, che saltando tu non trovi anche qualche informazione che riguardi carne o ossa”. L’asino scorse tutta la lettera ma non ci trovò niente di quel che il cane cercava; e allora questo soggiunse: “Buttala pur via, mio caro, non c’è niente di interessante”. 





FAVOLA LE RANE VICINE DI CASA

Due ranocchie erano vicine di casa: una abitava in stagno profondo e discosto dalla strada, l’altra in una pozzanghera sulla strada stessa. Quella dello stagno consigliava l’altra a trasferirsi da lei, per godere una vita più comoda e più sicura, ma questa non le dava retta e diceva che non poteva staccarsi dalla sua dimora abituale; così andò a finire che passò di là un carro e la schiacciò.

   Così, anche tra gli uomini, ci sono di quelli che, attaccati loro sciocche abitudini, piuttosto che cambiare in meglio, son disposti a morire.


   
FAVOLA LA FORMICA E LA COLOMBA

 Una formica assetata era scesa in una fontana e, trascinata dalla corrente, stava per affogare. Se n’avvide una colomba e, strappato un ramoscello da un albero, lo gettò nell’acqua. La formica vi salì sopra e riuscì a salvarsi. Poco dopo, un uccellatore, con i suoi panioni pronti, si avanzò per prendere la colomba. La formica lo scorse e diede un morso al piede dell’uccellatore, che, nell’impeto del dolore, gettò via i panioni, facendo così fuggire immediatamente la colomba.

   La favola mostra che bisogna ricambiare i benefattori.





FAVOLA L’ASINO E IL MULO CHE PORTAVANO UN CARICO EGUALE

 Un  asino e un mulo avanzavano uno accanto all’altro. L’asino, osservando che i loro due carichi erano eguali, era indignato e si lamentava, perché il mulo, che pur era  ritenuto degno di una doppia razione, non portava nulla più di lui. Ma quando ebbero proceduto alquanto nella via, l’asinaio s’avvide che l’asino non poteva reggere, e allora gli tolse una parte del carico, aggiungendolo al mulo. Dopo che ebbero proseguito ancora un poco, vedendo che l’asino era sempre più stanco, gli tolse di nuovo una parte del carico, e, alla fine, prese tutto quanto e lo passò da lui al mulo. Allora questo diede una sbirciatina all’asino: “Ehi, tu, non ti par giusto, ora, che mi faccian l’onore di una doppia razione? “.

   Anche noi, per giudicare la condizione di ciascuno, non dobbiamo guardare come comincia, ma come va a finire.




L’ASINO E IL CAGNOLINO OVVERO IL CANE E IL SUO PADRONE

Un tale che possedeva un cagnolo maltese e un asino, continuava a far moine al cane e, se per caso andava fuori a pranzo, portava a casa qualche bocconcino per gettarglielo, quando la bestiola gli veniva incontro scodinzolando. Allora l’asino, geloso, corse incontro al padrone e, a forza di saltellare, gli lasciò andare un calcio. Adirato, il padrone ordinò di allontanarlo a randellate e di legarlo alla greppia.

   La favola mostra che non tutti sono nati per le stesse cose.

    


L’AQUILA E LO SCARABEO

 Un’aquila inseguiva una lepre; la quale, in mancanza d’altri protettori rivolse le sue Suppliche al solo essere che il caso le pose sott'occhio: uno scarabeo. Questo le fece animo e, quando vide avvicinarsi l’aquila, cominciò a pregarla di non portargli via la sua protetta. Ma quella, piena di disprezzo per il minuscolo insetto, si divorò la lepre sotto i suoi occhi. Da allora lo scarabeo, tenace nel suo rancore, non perdette più di vista i nidi dell’aquila: appena essa deponeva le uova, saliva su a volo, le faceva rotolare e le rompeva; fino al giorno in cui, cacciata da ogni parte, l’aquila, che  l’uccello sacro a Zeus, si rifugiò presso dì lui e lo scongiurò di trovarle un luogo sicuro per covare. Zeus le concedette di deporre le uova nel suo proprio grembo. Ma quando lo Scarabeo se ne avvide, fece una pallottola di sterco, si levò a volo e, giunto sopra il grembo del dio, ve la lasciò cadere.  Zeus, per scuotersi di dosso lo sterco, si alzò e, senz’avvedersene, gettò a terra le Uova. Da allora, dicono, nella stagione in cui compaiono gli scarabei, le aquile non covano.

   Questa favola insegna a non disprezzare nessuno, perché nessuno è tanto debole che, offeso, non sia in grado giorno di vendicarsi.




 FAVOLA LA VOLPE E IL ROVO

 Una volpe, nel saltare una siepe, scivolò e, stando per cadere, s’aggrappò, come sostegno, a un rovo. “Ahimè!”, gli disse tutta indolorita, quand’ebbe le zampe insanguinate dalle sue spine, io mi rivolgevo a te per avere un aiuto, e tu mi hai conciato ben peggio”. “L’errore è tuo, mia cara”, le rispose il rovo, “hai voluto aggrapparti proprio a me che, d’abitudine, son quello che si aggrappa a tutto”.

   Questa favola mostra come siano stolti, anche fra gli uomini, coloro che ricorrono per aiuto a chi, d’istinto, è piuttosto portato a far del male.




FAVOLA L’AQUILA DALLE ALI MOZZE E LA VOLPE

Una volta un’aquila fu catturata da un uomo. Questi le mozzò le ali e poi la lasciò andare, perché vivesse in mezzo al pollame di casa. L’aquila stava a capo chino e non mangiava più per il dolore: sembrava un re in catene. Poi la comperò un altro, il quale le strappò le penne mozze e, con un unguento di mirra, gliele fece ricrescere. Allora l’aquila prese il volo, afferrò con gli artigli una lepre e gliela portò in dono. Ma la volpe che la vide, ammonì: "I regali non devi farli a questo, ma piuttosto al padrone di prima: questo è già buono per natura; l’altro invece è meglio che tu lo rabbonisca, perché non ti privi delle ali se ti acchiappa di nuovo".

   Sta bene ricambiare generosamente i benefattori, ma bisogna anche guardarsi prudentemente dai malvagi.



FAVOLA L’USIGNUOLO E LO SPARVIERO

Posato su un’alta quercia, un usignuolo, secondo il suo solito, cantava. Lo scorse uno sparviero a corto di cibo, gli piombò addosso e se lo portò via. Mentre stava per ucciderlo, l’usignuolo lo pregava di lasciarlo andare, dicendo che esso non bastava a riempire lo stomaco di uno sparviero: doveva rivolgersi a qualche uccello più grosso, se aveva bisogno di mangiare. Ma l’altro lo interruppe, dicendo: "Bello sciocco sarei, se lasciassi andare il pasto che ho qui pronto tra le mani, per correr dietro a quello che non si vede ancora! ".

   Così, anche tra gli uomini, stolti sono coloro che, nella speranza di beni maggiori, si lasciano sfuggire quello che hanno in mano.




LA VOLPE CON LA PANCIA PIENA

Una volpe affamata, vedendo, nel cavo di una quercia, del pane e della carne lasciativi da qualche pastore, vi entrò dentro e li mangiò. Ma quando ebbe la pancia piena, non riuscì più a venir fuori, e prese a sospirare e a gemere. Un’altra volpe che passava a caso di là, udì i suoi lamenti e le si avvicinò, chiedendogliene il motivo. Quando seppe l’accaduto: “E tu resta lì", le disse, “finché non sarai ritornata com’eri quando c’entrasti: così ne uscirai facilmente .

   Questa favola mostra che il tempo risolve le difficoltà.




FAVOLA L’USIGNUOLO E LA RONDINE

La rondine consigliava all'usignolo a nidificare, come lei, sotto il tetto degli uomini e a condividere la loro dimora. Ma quello rispose: "Non desidero ravvivare la memoria delle mie antiche sventure; per questo vivo nei luoghi solitari.

   Chi è stato colpito da una sventura cerca di sfuggire persino il luogo dove questa gli accadde.



FAVOLA IL DEBITORE ATENIESE

Ad Atene, un debitore, a cui era stato ingiunto dal creditore di pagare il suo debito, sulle prime lo pregò di concedergli una dilazione, dichiarando che si trovava in cattive acque. Non riuscì però a convincerlo; e allora gli portò una scrofa, l’unica che possedeva, e, in sua presenza, la mise in vendita. Gli si avvicinò un compratore, chiedendo se quella era una scrofa che figliava, e lui l’assicurò che non solo figliava, ma presentava anche una particolarità straordinaria: alla stagione dei Misteri figliava femmine, e per le Panatenee, maschi. A questo discorso, l’ascoltatore rimase a bocca aperta. Ma il creditore soggiunse: " E perché ti meravigli? Questa è una scrofa che, per le Dionisiache, ti figlia anche dei Capretti"

   Questa favola ci mostra come molti, per il proprio in­teresse, giurino senza esitare le più inverosimili falsità.




FAVOLA IL MORO

Un tale comperò uno schiavo moro, pensando che il suo colore fosse dovuto all’incuria del precedente proprietario. Condottolo a casa, provò su di lui tutti i detersivi e tentò di sbiancarlo con lavacri di ogni sorta. Ma non riuscì a cambiargli il colore; anzi, con tutti i suoi sforzi lo fece ammalare.

   Questa favola ci mostra come le qualità naturali si conservino quali si sono manifestate originariamente.




FAVOLA IL PESCATORE CHE BATTEVA L’ACQUA

 Un pescatore pescava in un fiume. Dopo aver teso le reti e sbarrato la corrente dall’una all’altra riva, batteva l’acqua con una pietra legata a una funicella, perché i pesci, fuggendo all’impazzata, andassero ad impigliarsi tra le maglie. Vedendolo intento a quest’operazione, uno degli abitanti del luogo si mise a rimproverarlo perché insudiciava il fiume e rendeva loro impossibile di bere un po’ d’acqua limpida. E quello rispose: "Ma se non intorbido così l’acqua, a me non resta che morir di fame".

   Così anche negli Stati, per i demagoghi gli affari vanno bene specialmente quando essi son riusciti a seminare il disordine nel loro paese.



FAVOLA L’ALCIONE

L’alcione è un uccello amante della solitudine, che vive sempre sul mare e fa, dicono, il suo nido sugli scogli vicini alla costa, per sfuggire alla caccia degli uomini. Un giorno un alcione che stava per deporre le uova, posandosi  su di un promontorio, scorse una roccia a picco sul mare, e andò a farci il nido. Ma una volta, mentre esso era fuori in cerca di cibo, accadde che il mare, gonfiato dal  soffio impetuoso del vento, si sollevò fino all’altezza del nido e lo inondò, affogando i piccoli. Quando, al suo ritorno l’alcione vide quel che era accaduto: "Me misero", esclamò, "per guardarmi dalle insidie della terra mi rifugiai sul mare; e il mare mi si è dimostrato ben più infido di quella.

Questo capita anche a certi uomini, che, mentre si guardano  dai loro nemici, senz’avvedersene, vanno a cascare in  mezzo ad amici che sono ben peggiori di quelli.



FAVOLA LE VOLPI SUL MEANDRO

Un giorno un branco di volpi si radunò sulle rive del fiume Meandro per abbeverarsi. Ma, per quanto si esortassero a vicenda, non osavano scendere, intimorite dallo scroscio della corrente. Allora una di esse venne fuori a svergognare le compagne e, irridendo alla loro pusillanimità, come colei che si credeva più brava delle altre, balzò arditamente nell’acqua. La corrente la trasportò nel mezzo. Le compagne, stando sulla riva, le gridavano: Non abbandonarci; torna indietro a farci vedere da che parte si passa per bere senza pericolo! E quella, mentre la corrente la trascinava via: "Devo portare una risposta a Mileto , diceva,  e non voglio mancare. Quando torno indietro ve lo farò vedere"

   Questa va a chi si caccia da solo nei guai, per far lo spavaldo.




FAVOLA LA VOLPE E LA MASCHERA

Una volpe penetrò nella casa di un attore e, frugando in mezzo a tutti i suoi costumi, trovò anche una maschera da teatro artisticamente modellata. La sollevò tra le zampe ed esclamò:  “ Una testa magnifica! ma cervello, niente “.

 Ecco una favola per certi uomini belli di corpo ma poveri di spirito.



FAVOLA LE RANE DEL PANTANO

 Due rane, abbandonato il pantano dove abitavano, perché nell’estate s’era prosciugato, andavano cercandone un altro. Capitarono presso un profondo pozzo, e una di esse, quando lo vide, disse all’altra: “Ehi, tu! scendiamo giù insieme in questo pozzo”. Ma l’altra le rispose: “E se poi l’acqua secca anche qui, come faremo a uscirne fuori?”.

   La favola mostra che non bisogna mai avventurarsi imprudentemente in un’impresa.

   
FAVOLA ZEUS E GLI UOMINI

Zeus, quando ebbe plasmati gli uomini, ordinò a Ermes  di versarvi dentro l’intelligenza. E quello, fatto un misurino uguale per tutti, cominciò a versarla in ognuno essi. Capitò così che agli uomini piccolini, la loro porzione bastò per riempirsene e diventare saggi; ma gli uomini grandi e grossi, a cui il liquido non giunse in tutto il corpo, risultarono piuttosto sciocchi.

   La favola va bene per un uomo grande di corpo ma povero di spirito.

  

FAVOLA IL RANOCCHIO MEDICO E LA VOLPE

 Standosene nel suo pantano, un ranocchio annunciava un giorno a gran voce a tutti gli animali: “Io sono un medico e pratico di ogni sorta di cure”. E la volpe, udendolo disse: “Ma come potrai guarire gli altri, tu che sei zoppo e non sei capace di curare te stesso?”.

   Come potrà insegnare agli altri chi è digiuno di scienza. Questa è la morale della favola.



FAVOLA LA MOGLIE E IL MARITO UBRIACONE

Una donna che aveva il marito sempre ubriaco, volendo correggerlo del suo vizio, escogitò una trovata di questo genere. Aspettò che egli fosse tanto inebetito per la sbornia da essere insensibile come un morto, e, caricatolo sulle spalle, lo portò al cimitero, lo mise giù, e se ne andò. Quando suppose che avesse smaltito la sbornia, ritornò e bussò alla porta del cimitero. “ Chi  bussa?”, chiese lui. E la donna: “Sono quello che porta da mangiare ai morti”. E l’altro: “Ma no, mio caro, non da mangiare; portami da bere, piuttosto. Mi strazi l’anima a parlar di mangiare e non di bere”. Allora la moglie, battendosi il petto, esclamò:  “Me disgraziata! Tutta la astuzia non m’ha servito a nulla: tu, caro il mio marito, non solo non ti sei corretto, ma sei diventato peggiore di prima, perché il tuo vizio è ormai una seconda natura”.

   La favola mostra che non bisogna persistere nei costumi, perché viene un momento in cui l’abitudine si impone a un uomo anche contro la sua volontà.



FAVOLA L’ABETE E IL ROVO

Disputavano tra loro l’abete e il rovo. L’abete si vantava, dicendo: “Io sono bello; io sono slanciato; io sono alto; io servo per i tetti dei templi e per le navi. Come osi misurarti con me?”. Ma il rovo osservò: “Se ti venissero in mente le scuri e le seghe che ti faranno a pezzi, certo preferiresti essere un rovo anche tu”.

   Non è il caso di esaltarsi per la propria gloria in questa vita, perché l’esistenza degli umili è priva di pericoli.



FAVOLA IL CERVO ALLA FONTE E IL LEONE

Spinto dalla sete, un cervo se ne andò ad una fonte; bevve, e  poi rimase ad osservare la sua immagine riflessa nell’acqua. Delle corna, di cui ammirava la grandezza  e il ricco disegno, si sentiva tutto orgoglioso, ma delle gambe non era soddisfatto, perché gli parevano scarne e fragili. Mentre ancora stava riflettendo, ecco un leone che si mette ad inseguirlo. Il cervo si dà alla fuga e riesce per un bel pezzo a tenerlo a distanza, perché la forza dei cervi risiede nelle gambe, come quella dei leoni nel cuore. Finché il piano gli si stese dinanzi spoglio di alberi, egli trovò dunque scampo nella sua maggiore quando giunse in una plaga boscosa, accadde che gli si impigliarono le corna nei rami, non poté più correre e  fu preso. Allora, mentre stava per morire, disse a se stesso: “Me disgraziato! quelle gambe che dovevano tradirmi  mi offrivano la salvezza, e mi tocca invece morire proprio per colpa di quello in cui riponevo tutta la  mia fiducia!”.

  Così molte volte, tra i pericoli, la salvezza ci viene da amici che parevano sospetti, mentre altri in cui avevamo piena fiducia ci tradiscono.




ZEUS E LA TARTARUGA

Al banchetto nuziale di Zeus erano invitati tutti gli animali. Mancava soltanto la tartaruga. Ignorandone la ragione, il giorno dopo, Zeus le chiese come mai essa sola non era intervenuta al pranzo. “La mia casa è la mia reggia”, rispose lei. Ma Zeus, seccatosi, la sua casa, le ordinò di caricarsela sulle spalle e di portarsela attorno.

   Ce ne sono molti, uomini così, i quali preferiscono vivere modestamente a casa propria che passarsela da signori in casa altrui.



FAVOLA IL MEDICO E L’AMMALATO

 Un medico aveva in cura un ammalato, che gli morì. “Ecco”, diceva a quelli che ne seguivano il funerale, “se quest’uomo si fosse astenuto dal vino e avesse fatto dei clisteri, non sarebbe morto”. Ma uno dei presenti lo interruppe: “Mio caro, queste cose avresti dovuto dirle quando egli poteva approfittare dei tuoi consigli; non ora che non servono più a nulla”. 

   La favola mostra che gli amici devono prestare il loro aiuto nel momento del bisogno, e non sputar sentenze quando ogni speranza è perduta.

  

FAVOLA ZEUS GIUDICE

Zeus aveva stabilito che Ermes scrivesse le colpe degli uomini sopra  dei cocci, deponendoli in un’arca al suo fianco, sì che egli potesse assegnare ad ognuno il suo castigo. Ma poi i cocci si mescolarono tra di loro e così certi arrivano più tardi e certi più presto nelle mani di Zeus, per esservi sottoposti al suo infallibile giudizio.

   Non bisogna meravigliarsi che gli ingiusti e i malvagi non siano più presto puniti dei loro misfatti.
   

   
FAVOLA IL SOLE E LE RANE

Si celebravano, in piena estate, le nozze del Sole. Tutti gli animali ne erano lieti, e anche le ranocchie si davano alla pazza gioia. Ma una di esse saltò sù: “Perché tutta questa allegria, o sciocche? Se, una volta sposato, il Sole metterà al mondo un figlio come lui, che cosa mai non ci toccherà patire, dato che ora, da solo, riesce già a farci seccare tutti i pantani?”

   Ci sono molti uomini con poco sale in zucca che festeggiano avvenimenti per cui non ci sarebbe proprio ragione di rallegrarsi.



FAVOLA LA VOLPE E IL SERPENTE

Una volpe, vedendo un serpente coricato, fu presa d’invidia per la sua lunghezza, e le venne voglia di uguagliarlo: si stese giù vicino a lui e cercò di tendersi, fino a che, per gli eccessivi sforzi, la malaccorta crepò.

    Questo capita a coloro che si mettono a gareggiare coi più forti: prima di poterli raggiungere, vanno in malora.


FAVOLA LA MULA

Una bella mula rimpinzata di biada si mise a scalpitare, dichiarando ad alta voce a se stessa: “Cavallo dal  rapido piede fu mio padre; ed io son tutta lui”. Ma un giorno si presentò la necessità di correre e la mula doveva farlo davvero. Quando ebbe finita la corsa, si sentì triste, e le venne in mente, all’improvviso, che suo padre era un asino.

   La favola mostra che, anche quando le circostanze rendono un uomo famoso, egli non deve mai dimenticare le proprie origini, perché questa vita è piena di incertezze.




FAVOLA ZEUS E APOLLO

Zeus  e Apollo disputavano sul tiro dell’arco. Apollo tese il suo arco e scoccò una freccia. Ma Zeus allungò un piede, ed eccolo là dove era diretta la saetta d’Apollo. Così a combattere con i più forti, non solo non la si spunta ma ci si guadagnano anche le beffe.




FAVOLA IL NIBBIO E IL SERPENTE

Un nibbio afferrò un serpente e si levò a volo. Ma il sente si rivoltò, lo morse, ed entrambi caddero dall’alto. Mentre il nibbio moriva, il serpente gli disse: “Perché sei stato così folle da voler far del male a me, che non ti facevo nulla? Ecco che hai avuto il giusto castigo per avermi rapito”.

   Chi fa il prepotente e oltraggia i deboli, se s’abbatte in uno più forte di lui, quando men se l’aspetta, paga anche il male che ha fatto prima.




FAVOLA IL TOPO DI CAMPAGNA E IL TOPO DI CITTÀ

Il topo cittadino da quel dei campi ch’era suo amico s’ebbe un invito a pranzo, e tosto lieto partì per la campagna. Ma il pranzo era erba e grano. “Vedi”, gli disse, “che vita da formica meni, mio caro! E io d’ogni ben di Dio piena ho la casa; tu vieni meco, ché ti darò di tutto”. Verso la città trottan gli amici tosto. L’ospite ostenta legumi e fichi secchi e cado e pane, datteri, miele e frutta. L’altro, stupito, di cuore lo ringrazia, il triste suo destino maledicendo. Ma quando il pranzo s’apprestano a gustare, capita un tale che l’uscio ti spalanca. I miseri al rumore, con un sussulto, corron dentro le buche del pavimento. Ne escon poi fuori, per via dei fichi secchi, ecco entra un altro, per non so qual faccenda. Scorgendolo, i meschini dentro le buche, in cerca di salvezza, balzan di nuovo. Il campagnolo allora, passando sopra all’appetito, sospira e dice all’altro: “Amico, addio! Saziati pur ben bene, goditi il pranzo con tutte le sue gioie, tutti i rischi e tutte quante le paure! Io meschinello, campando a grano ed erbe, senza sospetto vivrò, senza timore”.

   E’ meglio assai, dice la favoletta, vivere in santa pace vita modesta, che far del lusso sempre fra i batticuori.




FAVOLA LA VOLPE CHE NON AVEVA MAI VEDUTO UN LEONE

Una volpe che non aveva mai veduto un leone, la prima volta che per caso se lo trovò davanti, provò un tale spavento alla sua vista che quasi ne morì. Avendolo però incontrato una seconda volta, si spaventò sì, ma non proprio come la prima. Quando poi lo vide per la terza volta, trovò tanto coraggio da avvicinarglisi e da attaccare persino discorso.

 La favola mostra che l’abitudine rende tollerabili anche le cose spaventose.



FAVOLA IL MALATO E IL MEDICO

Un medico chiese al suo ammalato come stava, e quello gli rispose che aveva sudato in modo anormale. “Molto bene”, disse il medico. Tornò una seconda volta a chiedergli come stava, e quello rispose che era stato colto da un brivido che l’aveva scosso da capo a piedi. “Molto bene anche questo”, disse il medico. Quando andò a fargli la terza visita e gli chiese della sua malattia, l’ammalato gli annunziò che aveva avuto un attacco di diarrea. “Bene, bene anche questo”, dichiarò il medico, e se ne andò. Così, quando uno dei suoi parenti venne a trovano e gli chiese come andava, l’ammalato rispose: “A forza di andar bene sto morendo”.

   Così molte volte gli uomini sono dal loro prossimo, con una valutazione puramente esteriore, ritenuti felici per qualche fatto che nel loro intimo è causa delle più vive sofferenze.



FAVOLA L GRANCHIO E LA VOLPE

Un granchio, uscito fuori dal mare, se ne viveva solo soletto su una spiaggia. Lo scorse una volpe affamata e, visto che non aveva proprio nulla da mangiare, gli saltò  addosso e lo afferrò. “Questa me la son proprio meritata”, esclamò il granchio, mentre l’altra stava per ingoiarlo. Ero animale di mare e ho voluto diventare animale di terra!”.

   Così, anche tra gli uomini, chi lascia le proprie faccende per immischiarsi di quel che non lo riguarda, è naturale che vada a finire in mezzo ai guai.



FAVOLA I VIANDANTI E L’ORSO

Due amici viaggiavano insieme, quand’ecco apparire davanti ad essi un orso. Uno, più svelto, salì su un albero e vi restò nascosto, mentre l’altro, che già stava per esser preso, si gettò al suolo, fingendo d’esser morto. L’orso gli avvicinò il muso, annusandolo, ed egli tratteneva il respiro, perché, a quel che dicono, l’orso non tocca i cadaveri. Quando l’orso si fu allontanato, quello che era sull’albero discese e chiese all’altro che cosa gli avesse detto nell’orecchio l’orso. “Di non viaggiar mai più con dei compagni che nel pericolo non restano al tuo fianco”, gli rispose quello.

   La favola mostra che le disgrazie mettono alla prova la bontà degli amici.



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