domenica 15 marzo 2015

Favole di Esopo 2

Le favole di Esopo 2


FAVOLA I VIANDANTI E IL CORVO

Alcuni tali che viaggiavano per un certo affare, incontrarono un corvo cieco da un occhio. Essi si volsero a guardarlo, e uno consigliò di tornare indietro, perché tale era il significato del presagio. “Ma come potrebbe profetare il futuro a noi quest’uccello, che non è stato nemmeno capace di prevedere la perdita del suo occhio, in modo da evitarla?” disse un altro.

   Così anche tra gli uomini, chi non è in grado di dirigere i propri affari non merita fiducia quando dà consigli al prossimo.




FAVOLA L’ASINO VESTITO DELLA PELLE DEL LEONE E LA VOLPE

Un asino si mise addosso la pelle di un leone e andava attorno seminando il terrore fra tutte le bestie. Vide una volpe e volle provarsi a far paura anche a lei. Ma quella, che per caso aveva già sentito la sua voce un’altra volta, gli disse:  “Sta’ pur sicuro che, se non ti avessi mai sentito ragliare, avresti fatto paura anche a me”.

   Così ci sono degli ignoranti che, grazie alle loro false apparenze, sembrerebbero persone importanti, se la smania di parlare non li tradisse.



 
FAVOLA IL NIBBIO CHE NITRIVA

 Il nibbio aveva un tempo una voce acuta, diversa da quella d’ora. Poi, avendo udito un cavallo che emetteva dei magnifici nitriti, volle imitarlo; e, ostinandosi in questo esercizio, a rifar bene il nitrito, non ci riuscì, ma  perse la propria voce; così non ebbe né quella del cavallo né quella che  aveva avuto prima.

   Gli uomini mediocri che, mossi dall’invidia, cercano di imitare quello che è alieno dalla loro natura, perdono anche le loro doti naturali.




FAVOLA IL CAMMELLO E ZEUS

 Vedendo un toro tutto imbaldanzito per le sue corna, al cammello invidioso venne voglia d’averle anche lui. Presentatosi dunque a Zeus, cominciò a supplicarlo che gli assegnasse un paio di corna. Ma Zeus si sdegnò con lui perché, non contento della sua forza e della sua statura, voleva ancora qualche cosa d’altro. Così, non solo non gli aggiunse le corna, ma gli mozzò anche la punta delle orecchie.

   Questo capita a molti, che, avidi, guardano con invidia gli altri e intanto, senza avvedersene, perdono anche quello che hanno.


FAVOLA IL LEONE, L’ASINO E LA VOLPE

Il leone, l’asino, e la volpe fecero società fra loro e se ne andarono a caccia. Quand’ebbero fatto un buon bottino, il leone invitò l’asino a dividerlo tra di loro. L’asino fece tre parti uguali e invitò il leone a scegliere. La belva inferocita gli balzò addosso, lo divorò e poi ordinò alla volpe di far lei le parti. Essa radunò tutto in un mucchio, lasciando fuori per sé solo qualche piccolezza, e poi lo invitò a scegliere. Il leone allora le chiese chi le aveva insegnato a fare le parti così. “E’ stata la disgrazia dell’asino”, rispose la volpe.

   La favola mostra che le disgrazie del prossimo sono per gli uomini fonte di saggezza.




FAVOLA IL CAMMELLO BALLERINO

Un cammello, costretto dal suo padrone a ballare esclamò: “Ma se sono goffo persino quando cammino, altro che quando ballo!”.

   La favola si può citare a proposito di qualsiasi atto di garbo.



FAVOLA LA VOLPE E L’UVA

 Una volpe affamata vide dei grappoli d’uva che pendevano da un pergolato e tentò d’afferrarli. Ma non ci riuscì. “Robaccia acerba!”, disse allora fra sé e sé; e se ne andò.

  Così, anche fra gli uomini, c’è chi, non riuscendo, per incapacità, a raggiungere il suo intento, ne dà la colpa alle circostanze.




FAVOLA IL CAMMELLO VISTO PER LA PRIMA VOLTA

Quando gli uomini videro per la prima volta il cammello, si spaventarono e, atterriti dalle sue dimensioni, si diedero alla fuga. Ma quando, col passar del tempo, si resero conto della sua mansuetudine, trovarono il coraggio di avvicinarglisi; poi, poco per volta, accorgendosi che esso è un animale incapace di collera, giunsero a tal punto di disprezzo che gli misero persino una  cavezza al collo e lo diedero da condurre a dei ragazzi.

   La favola mostra che l’abitudine rende tollerabili anche le cose spaventose.

 


FAVOLA I DUE SCARABEI

 In un’isoletta pascolava un toro, e del suo sterco vivevano due scarabei. Al sopraggiungere della cattiva stagione, uno di essi annunciò all’altro che intendeva volare sul continente; così lì ci sarebbe stato abbastanza da mangiare per il compagno rimasto solo, mentre egli, trasferitosi laggiù, ci avrebbe passato l’inverno. Aggiungeva poi che, se avesse trovato cibo in abbondanza, ne avrebbe portato anche a lui. Passò dunque sul continente e, trovatoci sterco a iosa, ma molto molle, vi si stabilì e cominciò a mangiarselo. Passato l’inverno, rivolò di nuovo alla sua isola. Quando l’altro lo vide così bello grasso e florido, lo rimproverò perché, dopo tante promesse, non gli aveva portato nulla. “Non devi prendertela con me” , gli rispose il compagno, “ma con quel paese, che è fatto così: da mangiare ce n’è; ma non si può portar via niente”.



FAVOLA L’ASINO CHE LODAVA LA SORTE  DEL CAVALLO

L’asino decantava la sorte del cavallo, perché era nutrito senza economia e fatto segno a tutte le cure, mentre esso non aveva nemmeno paglia a sufficienza e doveva sopportare tante fatiche. Ma quando sonò l’ora della guerra, un soldato in armi balzò sul cavallo, portandolo da una parte e dall’altra, e finalmente lo lanciò nella mischia contro il nemico, dove la bestia cadde colpita a morte. A questa vista l’asino cambiò parere, e compianse il cavallo.

   La favola mostra che non bisogna invidiare i potenti e i ricchi, ma star contenti della povertà, pensando all’invidia e ai pericoli da cui essi sono circondati.



FAVOLA IL GRANCHIO E SUA MADRE

 La madre del granchio lo ammoniva a non camminare di traverso e a non sfregare il fianco contro la roccia umida. E quello: “Mamma, se vuoi che impari, cammina dritta tu, e io, vedendoti, farò come te”.

   Chi vuol rimproverare gli altri, deve anzitutto viver bene lui e rigar dritto, e poi insegnare a far altrettanto.



FAVOLA IL NOCE

 Un noce cresciuto al margine di una strada e bersagliato dalle sassate dei passanti, disse tra sé sospirando:  “Ma son proprio un disgraziato, io! Continuo tutti gli anni a procurarmi insulti e dolori!”

   Questa favola allude a certe persone le quali, dai propri beni, non ricavano che dolori.

 

FAVOLA I LADRI E IL GALLO

 I ladri penetrarono in una casa, ma non ci trovarono altro che un gallo. Lo presero e se ne andarono. Quando fu lì per essere ammazzato, il gallo cominciò a pregare che lo risparmiassero, dicendo che egli era utile agli uomini, perché li svegliava a buio, così che potessero attendere alle loro faccende. “Ma questa è una ragione di più per tiranti il collo”, gli risposero gli altri, “Svegliando loro, tu impedisci a noi di rubare”.

   La favola mostra che quel che dà più fastidio ai bric­coni sono proprio i servizi resi alle persone dabbene.



FAVOLA IL VENTRE E I PIEDI

Il ventre e i piedi disputavano chi di loro fosse il più forte, e i piedi continuavano a dire che, in fatto di forza, erano tanto superiori, che il ventre stesso si faceva portare  a spasso da loro. “Cari miei, se non ci fossi io a darvi da mangiare, neanche voi sareste in grado di portarmi”, rispose il ventre.

   Così, anche in un esercito, il numero non conta nulla, se non ci sono dei capi col cervello a posto.



FAVOLA IL GRACCHIO E LA VOLPE

Un gracchio affamato s’era posato su un fico e, trovati dei piccoli fichi ancor acerbi, aspettava che diventassero grossi e maturi. La volpe che lo vedeva continuamente là fermo, quando ne seppe il motivo, gli disse:  “Caro mio, se ti attacchi alla speranza, sbagli di grosso. La speranza è un pastore che ti porta a spasso, ma la pancia non te la riempie”.



FAVOLA IL CASTORO

 Il castoro è un quadrupede che vive negli stagni, e i suoi genitali pare che servano per la cura di certe malattie. Quando qualcuno lo scopre e lo insegue per tagliarglieli, esso, che sa a qual fine gli danno la caccia,sino a un certo punto, per conservarsi intatto, fugge, fidando nella velocità dei piedi; ma quando poi si vede a portata dei suoi inseguitori, si strappa da solo i genitali e li getta via; così riesce a salvare la vita.

   Anche tra gli uomini, danno prova di saggezza coloro che  vedendosi minacciati a causa del loro denaro, lo lasciano perdere, per non mettere a repentaglio la loro vita.


FAVOLA L’ORTOLANO CHE INNAFFIAVA GLI ORTAGGI

 Un tale si fermò davanti a un ortolano che innaffiava le sue verdure e gli domandò perché mai le piante selvatiche sono fonde e robuste, mentre quelle coltivate sono gracili e stente. E l’ortolano gli rispose: “Perché di quelle la terra è veramente la madre, ma di queste è soltanto la matrigna.”

    Anche tra i ragazzi, chi è allevato dalla matrigna non mangia come quello che ha la propria madre.

 

FAVOLA L’ORTOLANO E IL CANE

 Il cane di un ortolano cascò in un pozzo, e l’ortolano, per tirarlo fuori, scese giù anche lui. Ma il cane, pensando che egli venisse per cacciarlo più a fondo, si rivoltò al padrone e lo morse. Allora quello, dolorante, se ne tornò su dicendo: “Ben mi sta: perché affannarmi tanto per salvare un suicida?”.

   Ecco una favola per gli uomini ingiusti ed ingrati.



FAVOLA IL CITAREDO

 Un sonator di cetra da strapazzo cantava tutto il giorno tra le ben cementate pareti di una stanza, e poiché queste riecheggiavano i suoni, si immaginò d’avere una bella voce potente.  Montatosi così la testa, decise che era il caso di affrontare anche il teatro. Ma, giunto sul palcoscenico, cantò veramente da cane e fu cacciato via a sassate.

   Così ci sono degli oratori che, fin che si esercitano nelle scuole fanno bella figura, ma, quando affrontano la vita pubblica, si scopre che non valgono nulla.


FAVOLA IL TORDO

 Un tondo andava a cibarsi in una macchia di mirti, e tanto eran dolci quelle bacche che non sapeva staccarsene. Un uccellatore osservò che il luogo gli piaceva, vi mise le panie e ce lo prese. “Me infelice!”, esclamò il tordo prima di morire, “Ecco che per il gusto della gola ci rimetto la vita”.

   Questa è una favola che si adatta a uno di quegli uomini sregolati che si rovinano per amor dei piaceri.



FAVOLA IL GRACCHIO E I CORVI

Un gracchio che era più grosso di tutti gli altri, disprezzando i compagni della sua razza, se ne andò in mezzo ai corvi, e pretendeva di vivere con essi. Ma quelli, che non conoscevano né la sua faccia né la sua voce, lo picchiarono e lo cacciarono via. Respinto dai corvi, esso tornò allora di nuovo ai suoi gracchi. Questi, a loro volta, indignati per l’affronto, non lo vollero ricevere. Ecco come avvenne che esso fu escluso dalla società degli uni e degli altri.

   Questo succede anche agli uomini che abbandonano la loro patria e preferiscono i paesi altrui: in questi sono malvisti perché sono stranieri, e si rendono odiosi ai loro concittadini perché li hanno disprezzati.


FAVOLA I LUPI E LE PECORE

I lupi, che facevano la posta a un gregge di pecore, non riuscivano ad impadronirsene a causa dei cani che lo sorvegliavano, e allora decisero di ricorrere all’astuzia per raggiungere il loro scopo. Mandarono ambasciatori alle pecore, e chiesero la consegna dei cani, affermando che erano essi i responsabili delle loro relazioni ostili. Una volta che li avessero in mano, la pace avrebbe regnato tra di loro. Le pecore, senza sospettare quel che le aspettava, consegnarono i cani; e i lupi, una volta padroni di questi, sterminarono senza difficoltà il gregge rimasto indifeso.

   Così anche quegli Stati che consegnano senza difficoltà i loro capi, senz’avvedersene sono tosto soggiogati dai nemici.



FAVOLA LA CORNACCHIA E IL CORVO

La cornacchia, gelosa del corvo, il quale dà auspici agli uomini, prevede il futuro ed è perciò da essi invocato come testimonio, si mise in testa di fare altrettanto. Vedendo passare dei viandanti, volò su un albero e piantatasi là, cominciò a gracchiare a tutta forza. Al suono della sua voce, quelli si volsero spaventati, ma uno disse subito: “Niente, niente, amici, andiamo pure avanti. E’ soltanto una cornacchia, e le sue grida non significano nulla”.

   Così anche tra gli uomini, chi si mette a gareggiare coi più potenti di lui non solo non riesce ad uguagliarli, ma si guadagna anche le beffe.




FAVOLA IL CANE E IL MACELLAIO

Un cane balzò dentro una macelleria e, mentre il macellaio era occupato, afferrò un cuore e se la diede a gambe. Il macellaio si volse e, vedendolo fuggire, esclamò: “Ehi, galantuomo! Sta’ pur certo che ti terrò d’occhio dovunque tu sia; il cuore non l’hai mica portato via a me, sai; anzi a me ne hai aggiunto dell’altro’.

   La favola insegna che le sventure servono di ammaestramento agli uomini.





FAVOLA LE CHIOCCIOLE

Un contadinello faceva arrostire delle chiocciole e, sentendole crepitare, diceva: “Brutte bestie, mentre le vostre case bruciano, voi vi mettete a cantare”.

   La favola mostra che tutto quel che si fa fuori tempo è biasimevole.

   




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